Complesso Turistico Aurora
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Borghi del comprensorio



Borghi e Paesi (elenco completo)

Capolavori della Natura, Capolavori della Cultura
Il Parco, localizzato nel cuore dell'Appennino, a cavallo della catena montuosa del Gran Sasso e quella dei Monti della Laga, si estende sul territorio di tre regioni: l'Abruzzo, il Lazio e le Marche, comprendendo nel suo perimetro territori di cinque province: L'Aquila, Teramo, Pescara, Rieti ed Ascoli Piceno.
Ma sono i 44 Comuni, e le loro innumerevoli frazioni, così incastonati nella natura integra ed incontaminata e con le loro particolarità architettoniche e culturali, che costituiscono le fondamentali tappe di un viaggio indimenticabile.
 BORGHI DEL PARCO DEL GRAN SASSO D'ITALIA

POGGIO PICENZE (AQ) – STORIA
 
Poggio Picenze è un comune di 1.023 abitanti della provincia dell'Aquila: fa anche parte della Comunità montana Campo Imperatore-Piana di Navelli
 
Poggio Picenze è un piccolo paese della provincia dell'Aquila che conta circa mille abitanti; situato sulla strada statale 17 dell'appennino abruzzese a 14 km dall'Aquila, su un' altura di 760  metri dalla quali si può ammirare l' ampio panorama della conca aquilana.

Il nome Poggio Picenze deriva dal fatto che l'antico castello fu costruito su un fianco del Monte Picenze, tale nome deriverebbe a sua volta dai Piceni, detti anche Picenti, che stabilirono diversi insediamenti nella zona intorno al III secolo a. C.
La data di edificazione del castello si fa risalire intorno all' anno mille, trovandosi citazioni di esso già in un documento del 1173 "Podio de Picentia" nel quale appariva come un castello con mura fortificate e " sei torri, di cui una alta al centro".
 
Resti del castello sono ancora visibili nella parte vecchia del paese.

In epoca prefeudale,la posizione di valico del Poggio lo espose più volte alle scorrerie degli eserciti diretti alla volta dell'Aquila, infatti nel 1423 il castello resistette per due lunghi giorni all'assedio di Braccio da Montone dando tempo alle popolazioni oltre di esso di organizzarsi per la resistenza, ma alla fine capitolò dinanzi allo spietato conquistatore. Con il feudalesimo spagnolo Il Poggio venne assegnato a Giagiacomo dei Leognani-Castriota, valente condottiero che nel 1566 vi si stabilì preferendolo a tutti i suoi molti possedimenti.

Dopo i Leognani, il feudo comprendente il Poggio passò nel 1700 alla famiglia Sterlick di Chieti.
 
Nel 1806 su chiudeva l'epoca del feudalesimo, di cui il castello restava antico e maestoso simbolo, il quale però nel 1832 fu parzialmente demolito poichè diventato pericolante a causa dei fortissimi terremoti di cui era stato testimone.
 
LA PIETRA BIANCA
Una considerazione a parte va fatta per l' attività di estrazione e lavorazione della " Pietra Bianca " che ha rappresentato per diversi secoli l'elemento distintivo di Poggio Picenze.
 
La Pietra bianca del Poggio ha natura calcarea, aspetto candido e gentile e caratteristiche fisiche che la rendono facile da lavorare, ma di più, essa ha anche la proprietà di indurire coprendosi di una patina dorata con il passare del tempo.
 
I maestri scalpellini di Poggio sono stati autori di centinaia di ornati portali, logge, cortili, porticati, fontane dell'aquilano come le magnifiche 99 cannnelle nei pressi della stazione ferroviaria dell'Aquila.

BORGO di SANTO STEFANO DI SESSANIO - INDICAZIONI STRADALI - COME ARRIVARE
a 15 km dalla struttura
Il borgo della rinascita

Descrizione e Cenni storici
Santo Stefano di Sessanio fa parte del Club dei Borghi più belli d'Italia ed è in effetti tra i più suggestivi del Parco, per l'armonia degli elementi architettonici: un cammeo incastonato tra i monti, prossimo all'altipiano di Campo Imperatore.

Il paese venne eretto tra l'XI il XII secolo sui ruderi di un pago chiamato Sextantio, dal latino "Sextantia", ad indicare la distanza di sei miglia romane da Peltuinum, importante crocevia dei traffici che da Roma giungevano sulla costa adriatica, e deve la sua prosperità, sin dai tempi più remoti, alla centralità rispetto ad assi viari strategici come le vie consolari Valeria e Claudia Valeria e, in seguito, alla vicinanza con il Tratturo regio, strada maestra della transumanza di connessione tra L'Aquila e Foggia.

Nel XIII secolo appartenne alla Baronia di Carapelle, divenendo in seguito possedimento dei Piccolomini e quindi, dalla fine del XVI secolo, della potente casata medicea. E' sotto la guida di Francesco de' Medici che il borgo visse il suo periodo di massimo splendore, intorno al commercio della lana "carfagna", una lana nera di tipo grezzo prevalentemente usata per le uniformi militari e per il saio dei monaci, prodotta a Santo Stefano e lavorata a Firenze.

Nel XVIII secolo, il borgo entrò nell'orbita del Regno delle Due Sicilie e divenne possedimento privato del Re di Napoli fino all'Unità d'Italia.Il nucleo centrale medievale è dominato da un'imponente torre merlata, di forma cilindrica, detta Torre Medicea che, distrutta dal terremoto dell'Aquila del 2009, è in fase di ricostruzione. Essa emergeva dal profilo urbano, come evidente espressione di potere, sul territorio circostante. All'interno dell'antico recinto difensivo si insediò una piccola guarnigione nell'insolato che ancor oggi viene detto "Casa del Capitano".

Il borgo fortificato ha una configurazione ellissoidale. Le abitazioni e i percorsi viari, stretti e angusti, sembrano essersi sviluppati seguendo cerchi concentrici, che hanno come punto di partenza la torre cilindrica. Troviamo, anche in questo borgo, le case mura con il profilo scarpato; per ragioni difensive e a causa della mancanza di spazio, le abitazioni sorgono su più piani (case torri) e, in alcuni casi, sopra percorsi coperti, analoghi agli "sporti" di Castel del Monte.
Abitanti: 117
Altitudine: 1250 metri slm
 
Manifestazioni e Feste
  • 2-3 Agosto - festa del patrono, S. Stefano Protomartire e di S. Isidoro
  • Agosto: manifestazione "Estate      nel Borgo"
  • Settembre: "Sagra della lenticchia"
 
Concerti di musica classica
Tutto l'anno, nei fine settimana, prove aperte e concerti dell' "Officina Musicale" diretta dal M° Orazio Tuccella.
 
Gastronomia
La lenticchia di Santo Stefano di Sessanio è un presidio Slow Food la cui qualità è garantita da un'Associazione di Produttori. La lenticchia ha trovato un habitat ideale sulle terrazze montane che circondano il borgo. Piccola, di colore scuro, dalla buccia rugosa e sottile, è ricca di ferro e talmente tenera da non necessitare di ammollo.

Può essere gustata in zuppe molto semplici che ne esaltano il profumo e il gusto, specie se accompagnate da crostini di pane ed un filo di olio extravergine di oliva. Viene spesso proposta con le patate, le volarelle (pasta fatta a mano) o le salsicce.

Nella cucina locale trovano ampio utilizzo le carni di agnello dell'altopiano di Campo Imperatore (ad esempio nella tipica ricetta alla chiaranese, con formaggio e uova), i formaggi (il paese fa parte dell'areale di prododuzione del celebre Canestrato di Castel del Monte, altro presidio Slow Food dell'area Parco) e lo zafferano, prodotto nel vicino altopiano di Navelli.

Alcune preparazioni tipiche sono legate alle feste, come la minestra di ceci e castagne, per la vigilia di Natale, di gnocchetti e fagioli poverelli per la Pasqua, le sagnette al sugo di agnello per la festa del Santo patrono e la cagliata in occasione dell'Ascensione. Tra i dolci si gustano le ferratelle, i dolci con le mandorle, il pasticcio degli dei, con crema allo zafferano.

ROCCA CALASCIO CALASCIO (AQ) - INDICAZIONI STRADALI - COME ARRIVARE
a 18 km dalla struttura
Rocca Calascio è il castello più alto dell'Appennino.
La torre si erge ad una altezza di 1520 m. s.l.m. Domina il versante sud del Gran Sasso d'Italia e si trova ai confini di Campo Imperatore, ai suoi lati scopre: ad ovest il Monte Sirente ed il Velino, a nord il Gran Sasso e Campo Imperatore, a sud e parte di est la Piana di Navelli.

Domina il sottostante paese di Calascio che si trova a 1200 metri di quota. In un documento del 1380 si ha la prima citazione di Rocca Calascio, intesa come torre di avvistamento isolata, ma la costruzione della torre è da collocarsi intorno all'anno 1000. Ad Antonio Piccolomini si deve attribuire, verso il 1480, la realizzazione delle 4 torri attorno all'originario torrione di Rocca Calascio, il muro di cinta attorno al paese e la ricostruzione di gran parte dell'abitato distrutto dal furioso terremoto del 1461.

Nelle vicinanze della Rocca si trova la Chiesa di Santa Maria della Pietà, costruita dai pastori intorno al 1400 per ringraziamento alla Madonna in quanto i soldati dei Piccolomini respinsero, in una sanguinosa battaglia, un gruppo di briganti provenienti dal confinante Stato Pontificio.

Punto di osservazione di elevata strategia militare, era in grado di comunicare, mediante l'ausilio di torce durante la notte e di specchi nelle ore diurne con innumerevoli collegamenti ottici disseminati nel territorio, fino ad arrivare ai castelli della costa adriatica. Con la dominazione aragonese fu istituita la "Dogana della mena delle pecore in Puglia" e la pastorizia transumante divenne la principale fonte di reddito del Regno. Fu quindi un momento di notevole sviluppo per i paesi della Baronia che nel 1470 possedevano oltre 90.000 pecore e fornivano ingenti quantitativi di pregiata "lana carapellese" a citta' come l'Aquila e Firenze.

Nel 1579 Costanza Piccolomini, l'ultima della famiglia, vendette la Baronia, il Marchesato di Capestrano e le terre di Ofena e Castel del Monte a Francesco Maria De' Medici, Granduca di Toscana per 106.000 ducati. Nel 1743 la zona passò sotto la dominazione Borbonica. Nel 1703 intanto un disastroso terremoto aveva demolito il castello ed il ed il paese di Rocca Calascio: furono ricostuite solo le case nella parte bassa dell'abitato e molti abitanti preferirono trasferirsi nella sottostante Calascio. Una progressiva discesa ha ridotto la popolazione da circa 800 abitanti nel 1600 a zero nel 1957. Calascio, a sua volta, ha iniziato il suo declino a fine '800, subendo gli effetti di una massiccia emigrazione nei primi decenni del '900.

Una popolazione di circa 1900 abitanti nel 1860, ammontata nel 1982 a soli 299. Gia' avviato verso il lento disfacimento che caratterizza i paesi spopolati, Calascio ha arrestato ed invertito questa tendenza per mezzo di numerosi interventi di risanamento spesso da parte di cittadini non residenti. Interessato da un complesso progetto di recupero, anche il borgo di Rocca Calascio sta cambiando la sua fisionomia. Un intervento necessario per un insediamento particolarmente suggestivo ed ad un castello che, oltre a suscitare interesse negli studiosi del settore, e' ritenuto il più' elevato della catena appenninica e forse dell'intera penisola.
Oggi la Rocca è conosciuta dal grande pubblico per essere, molto spesso, oggetto di grandi set cinematografici, citiamo tra questi il più importante, il film dal titolo "Lady Hawak" una stupenda favola ambientata nel medio evo.

BORGO FORTIFICATO di CASTEL DEL MONTE
INDICAZIONI STRADALI - COME ARRIVARE
a 22 km dalla struttura

Sospeso tra le vette del Gran Sasso e la valle del Tirino, un miracolo di pietra prende forma sotto i nostri occhi: è Castel del Monte, annunciato dalla possente torre campanaria.

La durata dei ricordi, qui, è più dolce che altrove e si materializza, appena entrati nel borgo, in quei mirabili pezzi di architettura popolare che sono gli antichi portali, le finestre, i “vignali” (le scale esterne), gli archi di passaggio.

La compattezza dell’abitato, legata a questioni difensive, esigeva per la forte pendenza del terreno il modello della casa-torre.
Le abitazioni, disposte sulle direttrici parallele alle curve di livello (le strade principali) intersecate da vie di collegamento ripide e tortuose, si saldano le une alle altre attraverso archi e volte (gli “sporti”).

La visita al paese antico può iniziare da Porta S. Rocco che un tempo faceva parte della cinta difensiva, ancora visibile. All’ingresso dell’abitato sorge la chiesa di S. Rocco, eretta dopo la peste del 1656 con una facciata “a vela” rettangolare.

In via Duca degli Abruzzi si incontra uno dei tre antichi forni in cui i castellani venivano a cuocere il pane. Lungo la salita si trova il Palazzo del Governatore, costruito tra XV e XVI secolo su una superficie che occupava l’intero isolato.

Gli smembramenti di proprietà ne rendono oggi ardua la lettura: da notare la struttura impostata su grandi archi, il bellissimo portale del 1559 e le due bifore ornamentali.

Anche del vicino Palazzo Colelli, in via del Codacchio, è difficile oggi riconoscere l’antica grandezza, che sopravvive solo nel loggiato, nel torrione e nel ricordo delle cento stanze.

Giunti a Porta di S. Maria, ci si ferma nell’omonima via per guardare il panorama e, in basso, la chiesetta della Madonna delle Grazie, unica sopravvissuta, insieme a quella di S. Donato, delle numerose chiese che sorgevano fuori le mura. Si arriva in breve alla Madonna del Suffragio, risalente alla prima metà del XV secolo e ricca di barocche decorazioni in stucco.

Da ammirare, qui, l’altare maggiore alto 12 m, un capolavoro in legno scolpito e dorato che conserva al centro una statua della Vergine vestita come le castellane del tempo.

Pregevoli sono anche l’organo dorato del 1508 e il dipinto del fiorentino Bernardino di Lorenzo (1585) in un altare laterale. Splendida, dalla piazza della chiesa, la vista su monti e valli, sul piano di S. Marco e Rocca Calascio. Piazzetta delle Mura, la sola alberata del vecchio borgo, riporta al tempo in cui le donne erano padrone del paese e venivano qui ad asciugare il grano, fare il bucato o chiacchierare, mentre i loro uomini erano lontani per la transumanza.

Proseguendo verso la parte alta, per le vie S. Maria e Clemente, ci si imbatte in una bella sequenza di “sporti”, che sono come delle gallerie che corrono nelle viscere del borgo. Le leggende fiorite sugli sporti si spiegano con il loro fascino arcano, frutto di una sapienza costruttiva che sfruttava le pendenze del terreno e vi modellava le abitazioni, scavalcando la roccia o edificando su di essa.

Oltrepassato un altro forno e il vecchio fondaco, si penetra nel cuore dell’abitato dove sorge la chiesa di S.Caterina, dall’aspetto dimesso. Oltrepassata la Casa Comunale, si entra, in fondo a via Duca degli Abruzzi, nel Ricetto, il villaggio originario, rimasto chiuso su se stesso là dove sorgeva il cortile del castello munito di torre, oggi parte integrante della Chiesa Matrice.

Lo stretto passaggio verso il campanile reca uno splendido portale, mentre ad attirare l’attenzione uscendo dalla Porta del Ricetto verso la chiesa, è la muraglia difensiva trasformata in abitazioni. La Chiesa Matrice, dedicata a S. Marco, ha un accesso solo laterale e si presenta all’interno con una profusione di stili e materiali non priva di fascino: altari in legno, in marmo e in pietra, fregi rinascimentali, stucchi barocchi, sculture lignee e angeli di gesso.

Colpisce sul fonte battesimale l’organo in legno dorato del XVI secolo.

Dopo una sosta alla Taverna Matrice, si conclude la visita a Porta S. Ubaldo. Il piazzale antistante è punto d’incrocio di venti che d’inverno lo liberano dalla neve, per cui il viaggiatore che entra nel borgo da questa porta ha l’impressione di approdare a un rifugio sicuro, mentre chi ne esce si sente spiacevolmente esposto alle intemperie.

Salendo da Castel del Monte verso la montagna, si scoprono gli immensi spazi di Campo Imperatore, che appare, a quota 1600 m, come una prateria senza confini dove lo sguardo si perde in un mare d’erba o di neve.

Interessante, infine, la zona archeologica d i Colle S. Marco, con i resti tuttora evidenti di un insediamento (strutture di case, stalle, recinti di orti) risalente all’anno Mille, prima che gli antichi abitanti si rifugiassero nel Ricetto per dar vita all’attuale paese.

La passeggiata nel borgo offre al visitatore scorci davvero suggestivi, con i monumentali palazzi che ricordano la maestosità degli uomini che li hanno costruiti, le tante chiese che fanno rivivere gli antichi fasti e i musei della cultura contadina che, in un percorso oggi valorizzato da opere d’arte a cielo aperto, raccontano di una storia non molto lontana.

Un capolavoro di architettura in cui l’ingegno dell’uomo ha saputo risolvere la mancanza di spazio, problema tipico dei paesi fortificati d’alta quota.

Di alta ingegneria sono, di fatto, gli sporti che coprono le vie e sui quali si sviluppano le abitazioni. Vere e proprie gallerie che caratterizzano il borgo e sembrano custodire l’anima più segreta del paese.

La lavorazione della pietra in cui Castel del Monte ha fatto scuola, i gioielli architettonici ereditati dal passato, le tipicità custodite in modo sapiente, le tradizioni secolari tenute vive dai suoi abitanti, le iniziative culturali che animano il centro, fanno di Castel del Monte un borgo vivace, in cui la suggestione rivive ancora oggi nella magia di un passato da scoprire.

BORGO DI CAPESTRANO
INDICAZIONI STRADALI
a 25 km dalla struttura
La patria del guerriero simbolo d'Abruzzo
Descrizione e Cenni storici
 
Capestrano, è situato su un colle che domina la valle del fiume Tirino. L'abitato del paese è sovrastato dalla mole del Castello Piccolomini, con i suoi due torrioni cilindrici e la torre quadrata.
Il paese fu edificato presumibilmente dagli abitanti di Aufinum, che si ritirarono in questi luoghi per evitare le razzie barbariche. Nel III sec., Capestrano fu feudo di Tolomeo di Raiano, per poi passare, nei secoli seguenti, a Pietro Conte di Celano, od Antonio Piccolomini ed infine entrare a far parte nel XVI sec. del Regno di Napoli, divenendo possedimento mediceo.

L'edilizia intorno al castello è certamente la più antica, ma il paese presenta ancora un tipo di architettura gentilizia risalente ai secoli XVI e XVII, a dimostrazione della ricchezza della valle determinata dal suo fiume.
Il paese ha dato i natali al francescano San Giovanni da Capestrano.

Nel 1934 fu rinvenuta l'enigmatica statua del principe italico Nevio Pompuledio, più noto come il "Guerriero di Capestrano", assurto a simbolo dell'intero Abruzzo.
  • Abitanti: 952
  •  
  • Altitudine: 500 metri slm
 
  • Castello Piccolomini (o mediceo) Il      castello, ampliato da Antonio Piccolomini intorno alla metà del 1400, da      su una antica struttura preesistente del XIV secolo di cui è rimasta solo      la torre. La struttura presenta una pianta triangolare e facciata      racchiusa tra due torri cilindriche. All'interno si trova un      caratteristico pozzo aquilano del 1400. Costruito come posto di      avvistamento e segnalazione, nel 1465 divenne residenza feudale e fu      edificata la bellissima facciata con i bastioni circolari e la cornice      semicircolare. Oggi sede del Municipio.
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  • Abazia di San Pietro ad Oratorium - XI secolo
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  • Convento di San Giovanni da Capestrano (XII secolo) - costruito per volontà del santo che morì a      Belgrado nel 1456 durante una crociata. Annessa è la chiesa preceduta da      un portico con affreschi del 1488. Nel convento c'è un piccolo museo.
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  • Santa Maria della Pace - XVII secolo, con ampia facciata e bellissimo campanile
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  • Area archeologica
 
Manifestazioni e Feste
Agosto - la seconda settimana del mese - Sagra della Trota.
23 ottobre - Festa patronale dedicata a San Giovanni da Capestrano.
31 ottobre - 1 novembre: "Sagra della Bettola" - rievocazione storica del locale all'aperto destinato in passato ad accogliere i mercanti che si recavano a Capestrano per la fiera del giorno successivo. Nella rievocazione notturna del 31/10 si possono assaggiare molti prodotti tipici o di vecchia tradizione come cotiche e fagioli e carne alla brace.
 
Gastronomia
La gastronomia trova la sua essenza nel fiume: con la trota, che viene di solito proposta alla brace ed i gamberi, sovente associati ai primi piatti di paste all'uovo fatte a mano ed aromatizzate con erbe e zafferano.

BORGO DI Castelvecchio Calvisio
INDICAZIONI STRADALI - COME ARRIVARE
a 15 km dalla struttura
Borgo fortificato dalla pianta ovoidale
Descrizione e Cenni storici
 
Castelvecchio Calvisio è uno dei tanti centri della montagna d'Abruzzo che merita un'attenzione particolare: i tanti visitatori rimangono colpiti dalla sua bellezza e tranquillità.

Incantevole Borgo medievale che si adagia su un colle a 1067 metri slm e si affaccia sulla splendida Valle de Tirino. La forma ellittica (a spina decumanica intersecata) del borgo fortificato rendono Castelvecchio Calvisio unico nel suo genere. Le strette stradine coperte da volte ed archi, con le caratteristiche case che si sviluppano su più livelli, raggiungibili grazie a ripide scale che poggiano su mensole dette "barbacani", sono un'altra incantevole caratteristica dell'impianto urbanistico del borgo.

La funzione fortificata del borgo è resa evidente dalla presenza delle case-mura, dalle porte ingresso (storicamente) solo nel numero di due, e per la presenza di difese esterne costituite verso sud-est da percorsi di guardia interni (via delle Sentinelle su metà ellisse corre appena dietro le case mura e la torre di guardia) e verso nord-ovest da un fossato di guardia, superato solo da un ponte, probabilmente levatoio, in corrispondenza del Palazzo del Capitano.

La struttura delle case mura segue l'andamento dell'ellisse, ma in modo cadenzato presenta dei piccoli corpi aggettanti che non sono altro che torri di guardia per il "tiro di fiancheggiamento". Questi elementi ed altri rendono il borgo fortificato di Castelvecchio una vera e propria macchina di difesa, chiaramente dai mezzi di attacco dell'epoca (XIV-XV-XVI sec.).

Le prime notizie attendibili su Castelvecchio risalgono all'epoca della caduta dell'Impero Romano; è in questo periodo, infatti, che il paese inizia ad avere una sua forma e vengono gettate le basi per il suo sviluppo.

All'origine, il territorio era costituito da alcune contrade, o meglio di "ville"; tale ipotesi è avvalorata dall'esistenza, intorno all'VIII secolo, di quattro Chiese: S.Lorenzo, S.Cipriano, S.Giovanni e S.Martino, attorno a tre delle quali si era sviluppato un piccolo agglomerato rurale, mentre S.Cipriano rimase isolata, come Chiesa Parrocchiale.

Con l'avvento del feudalesimo, tutti questi piccoli agglomerati rurali, per una maggior sicurezza contro scorrerie e incursioni, decisero di riunirsi in un luogo fortificato che potesse essere un valido rifugio.

Il dominio sul territorio passa di mano in mano: ai Conti dei Marsi subentrarono gli Acquaviva; nel 1309 Corrado I era Signore di Castelvecchio; seguono, poi, per vari anni, le contese con Barisciano per il possesso delle montagne di Campo Imperatore, appartenenti a Castelvecchio. Nel 1384 Carlo III di Durazzo concesse la terra di Castelvecchio ai Conti di Celano.

In seguito il territorio pervenne sotto il dominio degli Sforza. Nel 1423, Braccio da Montone, detto Fortebraccio, uno dei più famosi Capitani di ventura dell'epoca, impegnato nella guerra contro L'Aquila e paesi limitrofi, saccheggiò e distrusse Castelvecchio, dopo una valorosa resistenza da parte degli abitanti. Nel 1478 la Baronia di Carapelle, comprendente Castelvecchio, passò ad Antonio Piccolomini, Duca d'Amalfi e Conte di Celano.

Nel 1566, Costanza Piccolomini vendette il Marchesato di Capestrano e la Baronia di Carapelle al Granduca di Toscana, Don Francesco dei Medici, famiglia questa che la manterrà per tutto il 'seicento, offrendo tranquillità sufficiente e, con essa, uno stato di generale floridezza.
Nel 1595 Castelvecchio aveva 700 abitanti dediti all' agricoltura per i prodotti di prima necessità e a qualche piccola coltivazione di zafferano.
I Medici tennero le terre fino al 1743, anno nel quale la Baronia di Carapelle passò, come stato allodiale al Regno delle Due SiciIie, sotto iI dominio dei Borboni.
Nel 1810 Castelvecchio comprendeva 120 famiglie, cioè 552 abitanti.
All'inizio del novecento, e precisamente nel 1906, Castelvecchio acquista autonomia comunale staccandosi da Carapelle.
 
  • Abitanti: 204
  •  
  • Altitudine: 1067 metri slm
 
  • Chiesa di S.Cipriano (secolo VIII)
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  • La Chiesa di S.Giovanni      Battista      - che conserva ancora le feritoie in testimonianza dell'antica funzione di      palazzo fortificato. In conci di pietra squadrata, la facciata, presenta      un interessante portale rinascimentale; l'interno, diviso in due navate, è      impreziosito da un altare ligneo in stile barocco.
   
  • Palazzo del Capitano, all'ingresso del paese      fortificato. Sul suo portale interno è scolpito il simbolo della mezza      luna saracena.
  • La Torre di Guardia, che si affaccia sulla via      delle Sentinelle
  • Gli Archi e i Barbacani - Nella struttura urbana di      Castelvecchio si evidenziano due elementi fortemente caratterizzanti: il      primo è rappresentato dagli archi che, soprattutto nella via Borghi Archi      Romani, costituivano originariamente un insieme continuo, formante quasi      una galleria; oggi rimangono solo alcuni tratti che creano, però, un      effetto di luci ed ombre tutto particolare. Il secondo sono le ripide scale      esterne, composte da molti gradini, che poggiano su archi a tutto sesto e      su caratteristiche mensole di pietra (i cosiddetti barbacani), abile      soluzione architettonica che ha permesso lo sfruttamento dell'angusto      spazio dei vicoli, dividendo il livello abitativo superiore da quello      prospiciente la strada e in cui normalmentesi aprivano le botteghe      artigiane.
 
Curiosità
 
Nel 1993 nel corso di un'escursione naturalistica del WWF con Botanici dell'Università dell'Aquila, fu rinvenuto un campo fiorito di Adonis vernalis, pianta che si riteneva estinta da tutta l'Italia. Oggi è la perla del Parco e ogni anno rinnova la sua splendida fioritura proprio a Castelvecchio Calvisio, nel Parco europeo più ricco di specie botaniche.
 
Manifestazioni e Feste
 
  • Seconda domenica di Agosto - Sagra della cicerchia      - E' una grande festa cui partecipa l'intera popolazione. La cicerchia, è      un legume a metà strada tra il cece e la lenticchia, un tempo largamente      coltivato e utilizzato presso gli abitanti di Castelvecchio. Dopo un      periodo di oblio, è stato riproposto all' attenzione dei buongustai      affinchè ne riscoprissero le qualità. E', infatti, un legume molto      gustoso, e nel corso della Sagra si può mangiare cucinato nei modi più      vari.
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  • 28 Dicembre - L'incanto della Natività      
 
Gastronomia
La cicerchia. La cicerchia, nome scientifico Lathyrus sativus, appartiene alla famiglia delle Leguminose che comprende molte specie, alcune delle quali compaiono abitualmente sulle nostre mense (fagioli, lenticchie, piselli ecc.). La sua coltivazione in Abruzzo è abbastanza limitata nonostante il sapore gustoso e il buon valore nutritivo che presenta. La grande adattabilità di questa specie che resiste sia alla siccità che alle grandi quantità d'acqua la rende particolarmente adatta, come coltura alternativa, nelle zone di montagna.

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